A Sante Caserio – Le Ultime Ore E La Decapitazione
- Decadi Anni '90
- Album Pueblo Unido - Le canzoni popolari - Volume 1
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Una mattina mi sono alzato
o bella ciao bella ciao
bella ciao ciao ciao
una mattina mi sono alzato
e ci ho trovato l’invasor.
O partigiano, portami via
o bella ciao bella ciao
bella ciao ciao ciao
o partigiano, portami via
che mi sento di morir.
E se muoio da partigiano
o bella ciao bella ciao
bella ciao ciao ciao
e se muoio da partigiano
tu mi devi seppellir.
Seppellire lassù in montagna
o bella ciao bella ciao
bella ciao ciao ciao
seppellire lassù in montagna
sotto l”ombra di un bel fior.
E le genti che passeranno
o bella ciao bella ciao
bella ciao ciao ciao
e le genti che passeranno
e diranno: o che bel fior!.
E” questo il fiore del partigiano
o bella ciao bella ciao
bella ciao ciao ciao
è questo il fiore del partigiano
morto per la libertà
Fischia il vento ed infuria la bufera
Scarpe rotte e pur bisogna andar
A conquistare la rossa primavera
Dove sorge il sol dell’avvenir
…a conquistare la rossa primavera
Dove sorge il sol dell’avvenir
Ogni contrada è patria del ribelle
Ogni donna a lui dona un sospir
Nella notte lo guidano le stelle
Forte il cuor e il braccio nel colpir
…nella notte lo guidano le stelle
Forte il cuor e il braccio nel colpir
E se ci coglie la crudele morte
Dura vendetta verrà dal partigian
Ormai sicura è già la dura sorte
Del fascista vile traditor
…ormai sicura è già la dura sorte
Del fascista vile traditor
Cessa il vento, calma è la bufera
Torna a casa il fiero partigian
Sventolando la rossa sua bandiera
Vittoriosi, e alfin liberi siam!
…sventolando la rossa sua bandiera
Vittoriosi, e alfin liberi siam!
Fischia il vento ed infuria la bufera
Scarpe rotte e pur bisogna andar
A conquistare la rossa primavera
Dove sorge il sol dell’avvenir
…a conquistare la rossa primavera
Dove sorge il sol dell’avvenir
I ain’t got no home, I’m just a-roamin’ ‘round,
Just a wandrin’ worker, I go from town to town.
And the police make it hard wherever I may go
And I ain’t got no home in this world anymore.
My brothers and my sisters are stranded on this road,
A hot and dusty road that a million feet have trod;
Rich man took my home and drove me from my door
And I ain’t got no home in this world anymore.
Was a-farmin’ on the shares, and always I was poor;
My crops I lay into the banker’s store.
My wife took down and died upon the cabin floor,
And I ain’t got no home in this world anymore.
I mined in your mines and I gathered in your corn
I been working, mister, since the day I was born
Now I worry all the time like I never did before
‘Cause I ain’t got no home in this world anymore
Now as I look around, it’s mighty plain to see
This world is such a great and a funny place to be;
Oh, the gamblin’ man is rich an’ the workin’ man is poor,
And I ain’t got no home in this world anymore.
Compagni, avanti! Il gran Partito
noi siamo dei lavorator.
Rosso un fiore in noi è fiorito
e una fede ci è nata in cuor.
Noi non siamo più nell’officina,
entro terra, nei campi, al mar,
la plebe sempre all’opra china
senza ideale in cui sperar.
Su lottiam!
L’Ideale nostro alfine sarà,
l’Internazionale, futura umanità!
Su lottiam!
L’Ideale nostro alfine sarà,
l’Internazionale, futura umanità
Un gran stendardo al sol fiammante
innanzi a noi glorioso va,
noi vogliamo per esso giù infrante
le catene alla libertà!
Che giustizia venga, noi vogliamo
non più servi, non più signor!
Fratelli tutti esser vogliamo
nella famiglia del lavor.
Su lottiam…
Lottiam, lottiam, la terra sia
di tutti eguale proprietà,
più nessuno nei campi dia
l’opra ad altri che in ozio sta.
E la macchina sia alleata
non nemica ai lavorator;
così la vita rinnovata
all’uom darà pace ed amor!
Su lottiam…
Avanti, avanti, la vittoria
è nostra e nostro è l’avvenir;
più civile e giusta, la storia
un’altra era sta per aprir.
Largo a noi, all’alta battaglia
noi corriamo per l’Ideal:
via, largo, noi siam la canaglia
che lotta pel suo Germinal!
Su lottiam…
Dormi sepolto in un campo di grano
non è la rosa non è il tulipano
che ti fan veglia dall’ombra dei fossi
ma son mille papaveri rossi.
“Lungo le sponde del mio torrente
voglio che scendano i lucci argentati
non più i cadaveri dei soldati
portati in braccio dalla corrente.”
Così dicevi ed era inverno
e come gli altri verso l’inferno
te ne vai triste come chi deve
il vento ti sputa in faccia la neve.
Fermati Piero, fermati adesso
lascia che il vento ti passi un po’ addosso
dei morti in battaglia ti porti la voce
“Chi diede la vita ebbe in cambio una croce”…
Ma tu non lo udisti e il tempo passava
con le stagioni a passo di giava
ed arrivasti a varcar la frontiera
in un bel giorno di primavera.
E mentre marciavi con l’anima in spalle
vedesti un uomo in fondo alla valle
che aveva il tuo stesso identico umore
ma la divisa di un altro colore.
Sparagli Piero, sparagli ora
e dopo un colpo sparagli ancora
fino a che tu non lo vedrai esangue
cadere in terra e coprire il suo sangue.
“E se gli sparo in fronte o nel cuore
soltanto il tempo avrà per morire
ma il tempo a me resterà per vedere
vedere gli occhi di un uomo che muore”.
E mentre gli usi questa premura
quello si volta, ti vede e ha paura
ed imbracciata l’artiglieria
non ti ricambia la cortesia.
Cadesti in terra senza un lamento
e ti accorgesti in un solo momento
che il tempo non ti sarebbe bastato
a chiedere perdono per ogni peccato.
Cadesti in terra senza un lamento
e ti accorgesti in un solo momento
che la tua vita finiva quel giorno
e non ci sarebbe stato un ritorno.
“Ninetta mia crepare di maggio
ci vuole tanto troppo coraggio
Ninetta bella dritto all’inferno
avrei preferito andarci in inverno.”
E mentre il grano ti stava a sentire
dentro alle mani stringevi un fucile
dentro alla bocca stringevi parole
troppo gelate per sciogliersi al sole.
Dormi sepolto in un campo di grano
non è la rosa non è il tulipano
che ti fan veglia dall’ombra dei fossi
ma sono mille papaveri rossi.
Mi ricordo ancora il nostro primo bacio
abbracciati dietro ad un portone
la tua meraviglia di sentirti donna
il tuo volto tutto pieno di rossore
Mi ricordo ancora quella prima volta
sulla sabbia che bruciava di passione
quel sorriso strano quella strana occhiata
quella tua innocenza pura e profanata
Mentre la gente ci correva attorno
senza guardare sotto quel barcone
che nascondeva quel nostro incontro
che nascondeva quell’ ora d’amore.
La mia barba ha quarant’anni
i miei occhi forse cento
i miei sogni i miei vent’anni
son passati come il vento
se nascessi mille volte
cento volte e un’altra ancora
non vorrei cambiare un giorno
non vorrei cambiare un’ora.
Mi ricordo ancora le bandiere al vento
della nostra prima manifestazione
di quel fumo denso che bruciava il naso
e del primo sampietrino che ho tirato
delle corse affannate delle cariche improvvise
le assemblee piene di fumo e di rancore
mi cercavi con gli occhi ti sentivo nel cuore
già le nostre scelte erano decise
Mentre la gente discuteva attorno
stavamo lì per infinite ore
prima di andare ad un altro incontro
prima di prenderci un’ora d’amore.
La mia barba ha quarant’anni
i miei occhi forse cento
i miei sogni i miei vent’anni
son passati come il vento
se nascessi mille volte
cento volte e un’altra ancora
non vorrei cambiare un giorno
non vorrei cambiare un’ora.
Mi ricordo ancora della nostra angoscia
mi ricordo ancora la disperazione,
i braccianti ammazzati i compagni arrestati
gli operai mandati in cassa integrazione
Mi ricordo ancora il nostro lungo maggio
la passione l’illusione ed il coraggio
quando il giorno era breve e la notte era bruna
quando ancora parlavamo con la luna
Quando avevamo tutto il nostro ingegno
ed il pensiero diventava azione
e credevamo in un mondo diverso
e credevamo nell’ immaginazione.
La mia barba ha quarant’anni
i miei occhi forse cento
i miei sogni i miei vent’anni
son passati come il vento
se nascessi mille volte
cento volte e un’altra ancora
non vorrei cambiare un giorno
non vorrei cambiare un’ora.
Scrive Franco sulla sua autobiografia x sito
Francesco De Gregori è stato x me – soprattutto negli anni Settanta in Liguria – un fratello maggiore mitico e ideale. Uno capace d dare forma alle sue ossessioni e d fartele sentire tue; uno d quelli ke, quando sei sulla strada senza sonno e senza un posto dove andare, t parla dalla piccola cassa d un mangianastri e t dice nell’orekkio cosa sta succedendo e quali sono i modi giusti x affrontare le cose, la vita, la società aliena. Con questo background, potete ben immaginare la mia gioia estasiata quando, x ben due volte, ho avuto l’onore d cantare insieme a lui su un palco. So ke gli devo molto xké Francesco è uno skivo e discreto, e nn gli piacciono granké queste cose. La prima volta fu il giorno d San Valentino del 2002, sul palketto del “Lettere-Caffè” d Trastevere: suonammo dei brani d Dylan e poi misi la mia armonica su un suo brano, “Battere e levare” (ho le registrazioni da qualke parte). Era successo questo. Ero da poco uscito dai postumi del mio secondo infarto (quello in cui sono morto x 3 mnt) e dalla convalescenza post-operatoria, e stavo organizzando una sorta d mega-ritorno sulle scene, x ringraziare tutti gli amici e i colleghi ke mi erano stati vicini. Una bella mattina (andavo a lavorare anke convalescente, xké c’era da mandare avanti la famiglia) ecco ke io e i miei colleghi busker d piazza Navona c vediamo arrivare Francesco con la sua tipica falcata principesca. Dopo i saluti, gli dissi della mia festa imminenete, e lui mi promise d venire. Mantenne la promessa, e mi fece strafelice. Poco più d un anno dopo, al “Classico” d via Libetta, l’incontro artistico si è ripetuto. Avevo già suonato col mio gruppo sul palco in occasione d un tributo all’amico Fabio Tassi, scomparso da poke settimane, e subito lui, Francesco – ke nn era in programma – mi si è era fatto sotto dicendo: “T va se saliamo a fare un brano insieme?”. Dissi d sì, ovviamente, e andammo su a fare “Tomorrow is a long time” d Dylan a due voci. Una tenerezza unica.
Ringraziamo Filippo Lombardo per aver custodito la registrazione di questo brano.