Lei non è di quelle donne
- Autore Franco Fosca
- Decadi Anni '80
- Album Cantautore folksinger
'Hack' versione giovanile
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è scesa la notte su questo mondo
gli uccelli sui rami dormono già
è scesa sul viale giù fino in fondo
dentro ogni angolo
della città
sulle antenne della tv
un giorno in meno
un giorno in più
è scesa la notte senza preavviso
sul ponte di ferro sulle canne del fiume
è scesa su tutti nessuno escluso
sui letti di paglia
sui letti di piume
sul letto dove sei distesa tu
un giorno in meno
un giorno in più
è scesa la notte sul mio sacco a pelo
solo la luna mi accompagnerà
in questo viaggio tra terra e cielo
domani il sole
mi ritroverà
ancora quaggiù
un giorno in meno
un giorno in più
Le nuvole del nord e il freddo del Tirreno
cominciavo quasi quasi a stare male
e così senza biglietto son salito sopra un treno
e son venuto giù alla capitale.
Mi sono ritrovato tutto solo per la strada
non sapevo quale santo ringraziare
per avere quel muso duro da anima dannata
e senza una ragazza da sbaciucchiare.
Le bettole a Trastevere sono piene di coatti
mi sembra di stare in una gabbia di matti
divorano panini grossi come materassi
io mangio solo la polvere dei miei passi.
Che bella Roma che bella Roma
con i turisti tutti quanti in coma
dove si balla dove si suona
che bella Roma che bella Roma.
Ci sono troppe macchine e troppi deputati
ci sono troppi preti e troppi matti
ci sono troppi cani ci sono troppi topi
ci sono troppe volpi e troppi gatti.
E forse potrò evitare il cancro e l’eroina
però mi serviranno i nervi saldi
si sente ancora battere il cuore di Giorgiana
sul ponte di Giuseppe Garibaldi.
Si ma Roma è bella di notte la Roma underground
la città che non la vedi sotto al sole
ed è una bambolina è come un vecchio clown
è una cosa che ti lascia senza parole.
Che bella Roma che bella Roma
con le turiste tutte in perizoma
dove si canta dove si stona
che bella Roma che bella Roma.
Nadia la dolce Nadia la potrai trovare
nel buio della discoteca punk
ha lo sguardo basso mi scruta mentre passo
faccio finta di non vederla e lei lo sa.
Conosci gente nuova e la gente qui non manca
ma non è quella della tua gioventù
ti chiedono cos’hai, perché non parli mai,allegro dai e tirati su!
E io suono la chitarra in via della desolazione
e mangio tramezzini dentro ai bar
dovrei tornare a casa da tremila settimane
ma non riesco a muovermi di qua.
Che bella Roma che bella Roma
Con i ministri incollati alla poltrona
dove si parla dove si fuma,
che bella Roma che bella Roma.
Scrive Franco nella sua “Autobiografia x sito”
E’ la prima canzone ke ho fatto al momento del mio trasferimento a Roma nell’81 (descrive la vita notturna nella Capitale degli anni ’80), e l’ho scritta insieme all’amico cantautore Edoardo Terzo (il ritornello – il vero pezzo forte del brano – è suo). Ma nella versione d “Ballate d fine inverno” questo pezzo acquista una visceralità ke io, da solo, nn sarei mai stato capace d infondergli. Tutte le mie frasi smozzicate, le mezze bestemmie e gli improperi, i commenti autolesivi et similia, mi sono stati letteralmente rubati mentre li dicevo, registrati e poi riconnessi nel corpo della canzone secondo una semiologia sublime dal genio apollineo del grande Berny.
Quando io morirò non voglio che nessuno pianga
niente lacrime d’amore o di circostanza,
quando io morirò non voglio fiori né corone
bruciate la mia carcassa e poi buttatela in un fiume.
Quando io morirò voglio pochi amici intorno
a cantare e a suonare tutto il giorno
fate un grande festa amici fate un gran casino
e inghiottite al posto mio tutto il cibo e tutto il vino.
Quando io morirò amici miei vi chiedo
non mi date in pasto ai preti ve ne prego
non voglio il suono stanco delle prediche ispirate
non voglio l’olio santo e le ostie consacrate.
Quello che io voglio è una piccola candela
un lumino acceso all’ombra della sera
mettetelo a un incrocio dove soffia forte il vento
e scordatevi di me appena sarà spento.
Quando io morirò bruciate ogni fotografia
liberatevi dalla tristezza e dalla nostalgia
quando io morirò avrò finito di soffrire
e avrò trovato un posto caldo dove andarmene a dormire.
Quando io morirò qualcuno forse mi ricorderà
ma come sono io davvero nessuno lo sa
quando io morirò sarò semplicemente nudo
come un albero d’inverno, come un angelo abbattuto.
Quando io morirò evitate di parlare
è inutile sprecare il fiato per chi non può ascoltare
quando siamo sottoterra diventiamo tutti buoni
soprattutto perché non siamo più qui a rompere i ciglioni
Quello che io vorrei è morire semplicemente
come un elefante un cane o un serpente
restituire alla natura il mio corpo e la mia mente
e fare in modo che di me non ne rimanga niente.