Il fumo degli anni 70 aveva lo stesso colore del mare
da solo nella mia stanza pensavo vorrei navigare
mi tormentavo i capelli che mio padre mi costringeva a tagliare
credevo in Jimi Hendrix e in un vecchio giradischi che funzionava male.
L’Italia a ferro e fuoco sull’orlo della guerra civile
le bombe di Savona le grandi manifestazioni
mio padre mi regalò una chitarra una sera d’aprile
io la presi in mano come se fosse un fucile.
In un giorno di primavera scappai da casa di mio padre
ingoiai una piramide dove vivevano le fate
insieme ad un amico con le braccia rovinate
mentre la grande madre luna schiudeva le porte della nostra estate.
E poi giù negli anni 70 l’autostop sulle strade,
piazze colorate, odore di donna
lunghe notti d’estate nudi quasi senza vergogna
notti d’inverno incantate sognando l’India e la California.
Centomila corpi magri sotto masse di capelli
umili come rettili audaci come uccelli
dalle bianche sabbie del sud alle bianche nebbie del nord
tra Marx e Castaneda e i fumetti di Alan Ford.
Però poi ti guardavi intorno e mancava sempre qualcuno
cadevano tutti quanti si ritiravano ad uno ad uno
sotto i colpi dell’eroina sotto i colpi della polizia
e chi risucchiato indietro nell’esofago enorme della borghesia.
Venne il ’77 che ne sapevamo noi del punk
c’era ancora Carter presidente la mitica Persia dello Shaa
e noi eravamo in Italia la dolce Italia delle vacanze
noi sporchi buttati per terra con le nostre chitarre e le nostre speranze.
Passarono dieci anni, dieci anni in un momento
come un castello di carte spazzato via dal vento
e c’è chi ha seppellito i sogni in fondo alla memoria
e c’è chi ha strappato quelle pagine dal libro della storia.